ISSN 2974-508
Atlante della Letteratura del Veneto Medievale - Scheda manoscritto
SegnaturaMilano BA D 55 sup.
Sigla in uso nella disciplinaM2
DatazioneXIII sec. primo quarto.
Nonostante la datazione di fine XII sec. proposta da Constans 1889: 129 ancora si legga in Martorano 2004: 411, il codice è oramai generalmente ascritto all'inizio del XIII secolo.
LocalizzazioneSe è indubbia la circolazione del codice tra Padova e Venezia probabilmente già a partire dal XIII sec. per ragioni differenti (tratti linguistici, note di possesso) desumibili dalle scritture avventizie presenti dopo il Roman de Troie di Benoît de Sainte-Maure, ancora dibattuta - e con ipotesi assai diverse - è la provenienza del manufatto. 
Constans 1904-1912, VI: 5, nonostante presentasse l'ipotesi derivata da Meyer 1889: 89 n.1 di un copista veneto alle prese con un modello provenzale, riteneva più probabile si trattasse di «un provençal du Sud-Est, qui copiait un manuscrit offrant quelques traces d'italien». Verso un copista anglonormanno si dirigono, tra gli altri, Jung 1996 e Giannini 2002-2003, pur ammettendo, l'uno, la possibile confezione veneta del codice, e il secondo quantomeno un suo precoce passaggio nell'area padovano-veneziana (o, meglio, presso soggetti originari di tale zona), nonché l'assenza di significativi fenomeni linguistici che possano dirimere la questione in modo incontrovertibile. Infine, l'ipotesi orientale avanzata a suo tempo da Bertoni 1911 e da Folena 1990: 273 è stata più recentemente ripresa e suffragata da nuovi studi critici e scavi archivistici da Martorano 2004: 438 (che punta sul foleniano «ambiente veneziano di Costantinopoli») e Orobello 2015 (che, sulla scorta anche di Meneghetti 2014, propende nello specifico per un atelier di Antiochia).
MateriaMembranaceo.
PalinsestoMartorano 2004: 410 rileva la natura palinsesta del duerno pergamenaceo che segue i 196 ff. contenenti il Roman de Troie, all'interno del quale è stato inserito un bifolio cartaceo e un inserto moderno.
Numero di fogli196.
I 196 ff. contenenti il Roman de Troie sono racchiusi tra diversi fogli di guardia anteriori e posteriori. All'inizio sono presenti due guardie pergamenacee (originariamente un duerno la cui seconda metà è stata asportata in prossimità della legatura), un inserto cartaceo moderno (il foglietto, piegato in due, conserva nella prima parte una lettera di Léopold Constans datata 23.10.1888) e due guardie cartacee; dopo il romanzo si trovano invece tre carte di guardia pergamenacee, due guardie cartacee, un inserto cartaceo moderno piegato in due (contenente la trascrizione dattilografica della lettera di Constans di cui sopra) e un'ultima guardia pergamenacea (consistente nell'ultima carta del duerno di guardia posteriore entro cui sono stati inseriti il bifolio cartaceo e il foglietto dattiloscritto).
NumerazioneNumerazione moderna in cifre arabe a matita da 1 a 199 (i ff. 1-196 contengono il romanzo di Benoît de Sainte-Maure, i ff. 197-199 corrispondono ai primi tre fogli di guardia posteriori). Inoltre è presente una numerazione moderna a matita in numero romano su alcuni fogli di guardia anteriori (la seconda guardia pergamenacea e il bifolio cartaceo) e posteriori (il bifolio cartaceo e l'ultima guardia pergamenacea).
Fascicolazione1-88, 96, 10-168, 192, 188, 20-268, 274.
Il manoscritto, che in origine doveva comprendere 27 fascicoli (in totale 25 quaterni, 1 ternione e 1 duerno finale), presenta due lacune materiali. Il fascicolo XVII, presumibilmente un quaternione contenente circa 1154 versi, è caduto, mentre il fascicolo XIX ha perso 3 fogli interni ed il bifoglio esterno residuo è stato poi erroneamente inserito - e numerato - al posto del fascicolo XVII.
Rimangono tracce di due sistemi di richiamo tra fascicoli, posti entrambi nel margine inferiore in corrispondenza dell'intercolumnio: il primo è formato da numeri romani capitali sull'ultimo verso di fascicolo, il secondo è costituito da lettere in ordine alfabetico presenti sul verso dell'ultima carta di fascicolo e sul recto della prima carta del fascicolo successivo.
Dimensioni244 x 160 mm.
Mise en page15 [186] 46 x 10 [55 (10) 55] 29, rr. 36 / ll. 36
numero colonne: 2
margine superiore: 15 mm
altezza specchio di scrittura: 186 mm
margine inferiore: 46 mm
margine interno: 10 mm
larghezza specchio di scrittura: 120 mm [colonna: 55 mm; intercolumnio: 10 mm; colonna: 55 mm]
margine esterno: 29 mm
numero righi: 36; numero linee: 36
Rigatura a mina di piombo.
Oscillazione nel numero dei righi che talvolta sono 35, mentre sono 37 da c. 193r.
Tecnica di rigaturaA colore.
Copisti1. All'unica mano responsabile della copia del Roman de Troie si aggiungono le tracce lasciate da altri copisti nelle scritture avventizie, sulla cui provenienza e datazione non v'è ancora unanimità, specie per quelle finali. Giannini 2002-2003 le attribuisce a mani italiane, in taluni casi più specificamente norditaliane, duecentesche, eccezion fatta per le minuscole corsive quattrocentesche di c. 119v e dell'ultimo foglio di guardia pergamenaceo posteriore.
Martorano 2004, avvalendosi anche dell'expertise di Armando Petrucci, individua la presenza di 7 mani non italiane (probabilmente guascone il copista del descort), duecentesche (o al massimo del tardo Duecento), di professionisti e non.
ScritturaLittera textualis.
«Gotica di modulo medio-piccolo [...], da ascriversi [...] con ogni verosimiglianza ad un unico copista. La scrittura è una gotica di discreto livello, poco angolosa [...] che si potrà genericamente datare [...] alla prima metà del sec. XIII, priva di evidenze decisive in senso francese oppure italiano» (Giannini 2002-2003: 83-84). Per Orobello 2015: 192, al contrario, essa è attribuibile all'area dell'Oriente latino e di «gotica franco-mediterranea» parla anche Meneghetti 2014: 18.
InizialiFigurate, decorate, filigranate; 5 moduli di grandezza.
Sono presenti 17 iniziali miniate inscritte entro cornici nere di forma pressoché quadrata dall'altezza variabile: la miniatura incipitaria occupa 12 righi, la seconda e la terza si dispongono su 6 rr., la quarta iniziale su 7 rr. e, infine, le successive 13 sono alte 8 rr. Le lettere, disegnate con sottili linee in inchiostro blu su fondo oro, sono finemente decorate con motivi vegetali e floreali nei colori rosa, verde acqua, blu e rosso e, in qualche caso, con figure umane o animali. Sebbene Jung 1996: 115 segnali che le storie rappresentate «sont rarement une illustration du texte», almeno tre o quattro scene illustrano, sia pur simbolicamente, altrettante porzioni testuali (cfr. Giannini 2002-2003: 82-83; cinque per Meneghetti 2014: 19). A queste eleganti lettrines decorate o figurate, si aggiungono le iniziali filigranate corrispondenti a 2 rr. alternativamente in inchiostro blu o rosso: la decorazione sottile, sobria ed essenziale, del colore opposto, si sviluppa in brevi aste e filetti poste verticalmente lungo il margine o, in appena un caso, in orizzontale nell'interlinea. 
Dibattuta la filiazione dell'ornamentazione: Gengaro - Villa Guglielmetti 1968: 120 la ascrivono al XIII secolo senza sbilanciarsi sulla provenienza (pur indicando la vicinanza al «gotico di orientamento nordico»); Cipriani 1968: 27 attibuisce le miniature a «scuola veneta, di ispirazione francese» e sull'area veneziana si orienta più recentemente Cipollaro 2017Meneghetti 2014 e Orobello 2015 pensano piuttosto ad una provenienza oltremarina del codice e della sua decorazione, nella fattispecie ad un atelier di Antiochia.
Presenza di oroAll’interno della cornice nera le iniziali sono di colore blu su fondo oro.
LegaturaLegatura in cartone pressato, rinforzato da fogli pergamenacei tratti da un codice liturgico e scritti su due colonne in una gotica libraria di alto livello. Tale scrittura risale, per Giannini 2002-2003: 79, all'Italia della prima metà del Duecento e allo stesso secolo Cipriani 1968: 27 data la legatura. Di diversa opinione Martorano 2004: 412 che considera invece la coperta di cartone non anteriore al XVI secolo e la mano delle pergamene su di essa incollate del XIV secolo.
SottoscrizioniNel margine inferiore della c. 196v è presente la nota di possesso «Iste liber est mei plonbeoli de plonbeolis» apposta, per Giannini 2002-2003#: 87-88, da mano duecentesca. Per Orobello 2015: 198, invece, si tratterebbe di Plombeolo, figlio di Sebastiano Plombeoli, attivo tra la seconda metà del Quattrocento e il primo decennio del secolo successivo. Alla stessa studiosa si deve il rinvenimento, in calce alla copia dell'atto di spartizione di c. 198v, della firma autografa erasa di Jacobus Plombiolus, cugino di Sebastiano. Sul verso della II guardia anteriore trova infine posto la nota di possesso di Gian Vincenzo Pinelli, seguita da concise indicazioni sul contenuto del codice.
Mise en texteI distici di octosyllabes del romanzo sono copiati verso a verso e trascritti su due colonne. Nonostante la buona qualità della confezione, la chiarezza della mise en texte è talvolta inficiata dalla non perspicua distinzione delle colonne di scrittura.
Forma dei testiVersi.
DescrizioneIl codice è considerato uno dei più antichi e autorevoli testimoni del Roman de Troie di Benoît de Sainte-Maure e reca, nelle guardie anteriori e posteriori, una varietà di scritture avventizie utili a tracciare l'ambito di circolazione - se non proprio di produzione - del manoscritto. In particolar modo le guardie posteriori, accanto a prove grafiche ed esercizi di traduzione dal francese al veneto, riportano buona parte delle prime due strofe del descort occitano di Pons de Capduoill Un gai descort tramet lei cui desir (BdT 375,26; a f. 197r) e la copia di un atto steso a Costantinopoli tra l'agosto 1206 e il marzo 1207, inerente ad una spartizione territoriale tra Francesi e Veneziani dopo la quarta crociata (a c. 198v).
Fenomeni linguistici
Fonologia
  • Consonanti: sonorizzazione [k] > [g] in posizione intervocalica.
  • Consonanti: betacismo v- > b-.
  • Consonanti: dileguo di -D- intervocalico (o tra vocale e [r]).
  • Vocali toniche: precoce chiusura di o più nasale > u 
  • Vocali atone: chiusura di o protonica non precedente a nasale
Grafia
  • ç per affricata alveolare sorda [ts] finale di parola
Commento linguisticoMentre l'unica mano che trascrive il Roman de Troie sembra non presentare evidenze decisive che permettano di individuare con certezza l'origine del copista o il luogo di produzione del codice, Giannini 2002-2003 e Orobello 2015 hanno isolato alcuni tratti ascrivibili alla scripta italiana settentrionale dalla porzione iniziale del Gay descort provenzale di Pons de Capdoill copiato dopo i versi di Benoît. All'esiguità del materiale a disposizione, certo dovuta alla stessa esiguità testuale (il copista trascrive appena 26 versi da un antigrafo che decifra con difficoltà probabilmente perché rovinato o per la sua poca dimestichezza col provenzale), si aggiunge la discutibilità di alcuni casi segnalati dagli studiosi. A mero titolo esemplificativo, nel caso di susplei per soplei e surven per soven evidentemente non è in gioco solo la chiusura vocalica; per gausir, oltre alla possibilità della sonorizzazione, varrà l'interferenza con gausir < GAUDĒRE, come nota lo stesso Giannini; il dileguo dell'occlusiva intervocalica è poi fenomeno forse troppo generale per essere dirimente. L'incertezza dei dati è tale che alcuni dei fenomeni collegati all'italiano settentrionale sono stati chiamati in causa per suffragare ipotesi di localizzazione assai diverse, relative tanto ad un'origine guascone del copista (Martorano 2004: 420), tanto alla provenienza oltremarina del codice (Orobello 2015). Ad area norditaliana, nella fattispecie veneta, rinviano infine alcune scritture avventizie presenti nelle guardie posteriori, presumibilmente quattrocentesche, che si configurano come esercizi di traduzione .
StoriaLe note di possesso presenti nel codice, firmate da Plombeolo e Jacopo della famiglia Plombeolis, lo collocano decisamente nella Padova quattrocentesca, stando alle più recenti ricerche archivistiche di Orobello 2015. La stessa studiosa nota come Andrea Bembo, giudice veneziano tra i protagonisti dell'atto di spartizione territoriale copiato tra le scritture avventizie posteriori, fu probabilmente primo possessore e committente del codice (per cui cfr. già Folena 1990: 273) che dall'Oriente crociato di inizio Duecento sarebbe dunque passato prima a Venezia e poi a Padova, forse tramite l'ambiente universitario. Qui venne in possesso del manoscritto Gian Vincenzo Pinelli, la cui collezione fu infine acquistata dal cardinale Federico Borromeo nel 1608 per arricchire la Biblioteca Ambrosiana dove è a tutt'oggi conservato il testimone.
PossessoriGian Vincenzo Pinelli, Jacopo de Plombeolis, Plombeolo de Plombeolis
Link esterni
BibliografiaEdizioni: Constans 1904-1912, Martorano 2004.
Studi: Bertoni 1911, Cipollaro 2017, Cipriani 1968, Constans 1889, Folena 1990, Gengaro - Guglielmetti 1968, Giannini 2002-2003, Jung 1996: 113-116, Meneghetti 2014, Meyer 1889, Orobello 2015.
Tesi Anne Marie Gauthier tesi dottorale 1999 pp. 24-41 citata da Cambi 2016.
Responsabile schedaRachele Fassanelli (creazione 31-10-2019; modifica 5-5-2022)